Suburbia Killer – Recensione serie Netflix

SUBURBIA KILLER

Netflix e lo scrittore Harlan Coben hanno un rapporto molto stretto, tale da portare alla produzione di ben 14 adattamenti dei libri del su citato Coben.

Dopo The Stranger e Estate di Morte, tocca alla Spagna adattare un altro romanzo: Suburbia Killer – The Innocent ( El Inocente in spagnolo) diventa una miniserie da 8 episodi di circa 50/60 minuti l’uno.

Mateo Vidal è un giovane studente di giurisprudenza che, durante una rissa in discoteca, uccide un ragazzo e viene condannato a quattro anni di carcere.

Dopo aver scontato la sua pena, il ritorno alla vita sociale sembra dargli una seconda possibilità.

Lavoro, amore, tranquillità. Tutto sembra andare per il meglio quando sua moglie scompare e allo stesso tempo un’ispettrice di polizia che sta indagando su un suicidio, arriva a lui.

Suburbia Killer è un classico crime, il che non è sempre sinonimo di banalità.

La storia prende il via da un evento tragico dal quale partono tutte le strade che si intrecciano, che si confondono e si mischiano prima di districarsi e iniziare a rendere più chiare le cose.

Per tutta la prima parte della serie, assistiamo ad una concatenazione di eventi che sono, sì, un po’ confusi ma che servono a preparare il terreno per ciò che accadrà.

Dalla seconda parte in poi i nodi iniziano a venire al pettine e i tasselli che riguardano Mateo e sua moglie Olivia, l’ispettrice Ortiz e tutti i personaggi che si susseguono, si spostano e vanno al loro posto.

Chi è il buono? Chi è il cattivo? Cosa è successo a questo o quel personaggio? Sono tutte domande che nella struttura classica di un thriller servono per tenere lo spettatore incollato alla tv.

In Suburbia Killer queste domande si ripetono ad ogni episodio e a volte sembrano anche un po’ forzate. Il volere ad ogni costo che la tensione di chi guarda sia sempre al massimo porta in alcuni punti la storia ad essere troppo canonica e quasi prevedibile, in altri casi invece troppo esagerata e inverosimile.

Tutto questo non inficia la visione, perché nonostante quel sentore di “già troppo visto”, le situazioni sono strutturate in modo tale da farsi seguire e i cliffhanger sono inseriti nei momenti giusti.

Nonostante qualche passaggio “classico” di troppo, ciò che distacca la serie dalla maggior parte delle altre dello stesso genere, è il punto di vista.

Ogni episodio, infatti, si apre partendo dall’ultimo personaggio visto nella puntata precedente e lo stesso personaggio racconta la sua storia parlando in seconda persona singolare, accompagnandoci fino al punto in cui lo abbiamo trovato.

Questo escamotage rinfresca e movimenta un po’ la narrazione e gli stessi personaggi che sono tra i punti meno forti della serie. Nonostante le difficoltà e le tragedie che gli si parano davanti, il loro spessore, la loro profondità sembra sempre essere sottile, non si scava davvero nei loro tormenti ma ci vengono più che altro mostrate le loro reazioni alle azioni che hanno intrapreso o subito.

In Suburbia Killer non mancano però l’azione e l’adrenalina, quindi tutta l’emotività superficiale si mischia agli inseguimenti, al mistero, ad alcune tematiche molto forti e lo show fa il suo lavoro, senza annoiare.

DA GUARDARE: Un prodotto crime spagnolo un po’ diverso dai vari La casa de Papel o Sky Rojo dove l’elemento “eccentrico” era contemplato.

Qui i temi e la storia sono più cupi e non lasciano spazio a qualche sorriso, quindi se gradite un thriller di quelli (con i limiti del caso) tutti d’un fiato, Suburbia Killer è qui per voi.

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