Strappare lungo i bordi – Recensione serie Netflix

STRAPPARE LUNGO I BORDI

Sì, è la serie italiana del momento.

Sì, è una serie animata.

L’autore, il disegnatore, il doppiatore è Michele Rech, in arte Zerocalcare.

Strappare lungo i bordi è il suo primo vero approccio alla serialità dopo gli sketch brevi andati in onda durante il lockdown nel programma Propaganda.

In quell’occasione lo stile, la capacità di raccontare il momento fondendo ironia e riflessione, hanno fatto drizzare le antenne a molte persone ignare del fenomeno Zerocalcare, fin lì conosciuto soprattutto nel mondo dei fumetti.

Ma torniamo ad oggi.

Non c’è giornale, sito, pagina social, programma radio/tv che non si interessi a questo nuovo prodotto Netflix.

Di cosa parla Strappare lungo i bordi?

Zero vive a Roma, passando le giornate con i suoi amici Secco e Sarah e vivendo con la sua coscienza parlante: l’armadillo.

Una notizia colpirà forte la loro quotidianità e un viaggio li aspetta verso il nord, un viaggio che sarà spunto di tante riflessioni più o meno dolci, più o meno amare, tra flashback e aneddoti.

Ed è proprio il modo di raccontare gli spaccati di vita di una generazione, quella dei millennials, che ha dato forza a questa serie.

La vita di Zero, fin dalla sua infanzia, è quella di un sognatore che si trova già da subito a scontrarsi con il cinismo della realtà.

La convinzione che seguendo la corrente si poteva raggiungere il proprio traguardo è crollata anno dopo anno, rendendo precario non solo il mondo del lavoro ma lo stesso modus vivendi dei protagonisti (e non solo).

Zero in questa condizione ci sbatte in faccia con ironia le nostre debolezze, le nostre idiosincrasie, i nostri dubbi. Diventiamo adulti senza realmente crescere mai, bloccati su quel foglio di carta che non ha più una forma, in cerca di qualcosa che ci ridia un’immagine concreta e definita di noi stessi, ma che forse non c’è.

E così Secco vive grazie al video poker, distaccato spesso da quello che accade intorno, a volte lucidissimo ma comunque sempre con la voglia di passare oltre. “S’annamo a pija un gelato?”.

Sarah trova sempre risposte, si rende conto di come girano le cose, ma nonostante ciò è rimasta anche lei impantanata nella grigia routine.

Zero vive delle sue ansie, dei suoi modi di rapportarsi agli altri, in continuo dialogo con l’armadillo, una coscienza che spesso non vuole ascoltare.

Strappare lungo i bordi ci mette davanti alla vita, ai momenti positivi e alle tragedie, alla nostra (in)capacità di gestire le emozioni.

La serie non diventa mai tediosa né didascalica, nonostante la verbosità del protagonista che però ci prende bene, ci fa sentire parte di una squadra, forse di perdenti, ma tutti legati dallo stesso filo invisibile.

La scelta di far doppiare tutti i personaggi a Zerocalcare (tranne l’armadillo, con la voce di Valerio Mastandrea) dà ancora di più la sensazione di essere tutti parte dello stesso racconto, fino al finale in cui tutto prende il suo posto ed ognuno riprende la propria voce, diventando persona a sé stante.

Tutta la produzione ha creato uno show di ottimo livello: Movimenti Production, DogHead Animation Studio, Bao Publishing e Netflix hanno dato vita all’arte di Michele Rech (sempre presente nelle varie fasi di lavorazione) riuscendo a mantenere il suo stile e i suoi tratti caratteristici, senza andare fuori strada.

Precisa e puntuale anche la colonna sonora originale di Giancane e le canzoni edite (tra cui Band of Horses, Tiziano Ferro, Manu Chao, M83) scelte dallo stesso Zerocalcare.

DA GUARDARE: Sì. Che siate millennials o meno vi troverete e ritroverete, pur non volendo, a far parte di questa storia.

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