YOU: celebrazione o denuncia del fenomeno di stalking?

La serie tv “You” è una delle ultimissime arrivate su Netflix e anche una delle più chiaccherate.

“Non guardatela, è solo una poracciata”, “Troppo trash” oppure “Questa serie fa passare lo stalking come una cosa positiva” sono solo alcuni dei commenti più quotati sul web, contro chi invece si dichiara perdutamente innamorato del protagonista (aka lo stalker), arrivando addirittura ad incolpare la vittima.

Ma quale delle due parti ha ragione? Vi dico la mia.

Se ancora non conoscete la serie, eccola in breve: genere thriller, 10 episodi, protagonisti Penn Bandgley (lo ricorderete tutti in Gossip Girl) ed Elizabeth Lail (Once Upon a Time, Dead of Summer) che interpretano rispettivamente Joe Goldberg e Guinevere Beck. Lui, appassionato lettore, ci viene subito presentato come un tipo tranquillo e solitario, sempre cortese e composto, lei invece come un’indaffaratissima studentessa aspirante scrittrice, totalmente immersa in una vita estremamente caotica e “social”. Nonappena Beck mette piede nella libreria Newyorkese gestita da Joe, quest’ultimo sembra innamorarsi perdutamente della ragazza (sì, all’istante, avete capito bene). Inizia così una storia d’amore caratterizzata da un continuo tira e molla tra i protagonisti: Joe da il via ad una sorta di “corteggiamento” verso la ragazza, inizialmente segreto (raccoglie moltissime informazioni su Beck, studia i suoi comportamenti e le sue abitudini attrverso i social, la spia), poi più concreto, finchè i due arrivano a formare una vera e propria coppia. Una storia abbastanza semplice, forse già sentita, ma non dobbiamo dimenticare che il nostro protagonista in realtà è uno stalker psicopatico, talmente terrorizzato all’idea di poter perdere Beck da essere disposto a tutto pur di averla tutta per se’ (e con tutto intendo ogni tipo di reato, compreso l’omicidio).  Non è difficile intuire come la situazione andrà velocemente degenerando e il mondo si sgretolerà pian piano sotto i piedi di Joe, senza che questo nemmeno se ne accorga, fino ad arrivare alla catastrofe finale. Non vi anticipo altro, non voglio rovinarvi le sorprese.

Aspetti interessanti: la serie coinvolge subito lo spettatore, soprattutto perché narrata in gran parte dal punto di vista di Joe. Ciò permette allo spettatore di entrare immediatamente nella mente dello stalker e di accedere così a tutti i suoi pensieri, senza lasciare niente alla personale immaginazione di ciascuno.

In più, troviamo una gran bella rappresentazione di come i social network abbiano rivoluzionato la vita di ognuno e di come questi possano (spesso) finire per danneggiarci. Beck passa gran parte della sua vita sui social, aggiorna continuamente il suo profilo Twitter (d’altronde, chi di noi non lo fa?). Così facendo apre una finestra sulla sua vita a tutti, al mondo intero, e quindi anche a Joe, che con il semplice sforzo di un paio di click sa tutto della vita di lei. Ma i social non ci permettono solo di tracciare pubblicamente le nostre attività, ma anche di trasmettere agli altri la migliore immagine di noi, quella che ci siamo scelti e costruiti (ce lo dimostra ancora una volta la figura di Beck, che non rivela sui social nessuno dei mille problemi e dubbi che la attanagliano nella vita reale). Infine, You ci fa riflettere anche sull’impatto che i social personali hanno sulla vita degli altri, di chi ci sta attorno. Mi spiego meglio: Beck si è costruita un profilo personale che aggiorna quotidianamente. Joe, che la segue sempre, arriva in pochissimo tempo al punto di dipendere totalmente da quel profilo. Se Beck lo cancellasse o per qualche motivo smettesse di aggiornarlo, Joe sprofonderebbe nella disperazione. Ebbene, è anche questo un effetto estremamente dannoso dei social. Ognuno di noi crede di conoscere le persone che segue, semplicemente perchè può vederne le stories su Instagram ogni giorno oppure leggere quello che scrivono. You cerca insomma di raccontarci i problemi di questa “dipendenza attraverso lo schermo” della quale ogni giorno rischiamo tutti di cadere vittime.

Tornando adesso alle nostre perplessità iniziali: con questa serie Netflix ha deciso di promuovere lo stalking? Assolutamente no. Il messaggio che arriva, dopo aver seguito You dall’inizio alla fine e in maniera consapevole è che, specialmente nel mondo in cui viviamo oggi, può essere estremamente facile scambiare amore e stalking. Joe è un personaggio molto complesso, che vediamo chiaramente alternare momenti in cui sembra essere un ragazzo premuroso e praticamente perfetto, ad altri in cui cade vittima di una cieca follia. Ma Joe è malato. Fin dalla prima puntata ci è chiaro ciò che fa e come si comporta nei confronti di Beck e proprio per questo nessuno di noi può difenderlo o giustificarlo. È davvero innamorato di Beck? Probabilmente sì, ma di un amore pazzo e malsano, che resta tale anche se talvolta si nasconde dietro a gesti di pura cavalleria. Nessuna delle azioni irrazionali e violente compiute da Joe è giustificabile con “l’ha fatto solo perchè amava troppo Beck”. E questo non dobbiamo mai scordarlo, nemmeno quando Netflix ci mette nella posizione di chi guarda gli eventi dall’interno della mente dello stalker. Nemmeno quando siamo portati ad empatizzare con lui. Nemmeno quando scopriamo di più a proposito del suo passato, né tantomeno quando Joe dice di seguire Beck ovunque o di spiarla perchè la ama, o la vuole proteggere.

In generale, vale la pena guardare You? Personalmente, l’ho trovata una serie molto intrattenente, scorrevolissima, piacevole. Ha un bel ritmo, incalzante e ben scandito da un numero giusto di colpi di scena che invogliano a proseguire con l’episodio successivo. In poche parole, una tipica serie Netflix che si presta al bingewatch. Altra nota positiva: i personaggi, specie i protagonisti, sono ben caratterizzati e risultano subito molto vicini allo spettatore. Badgley è assolutamente perfetto nel ruolo, sempre credibile e mai scontato.

Dall’altra parte però You accusa una sceneggiatura molto povera, caratterizzata da frequenti incongruenze e alcuni buchi di trama che fanno storcere il naso allo spettatore. Non mancano inoltre scene quasi surreali (piccolo SPOILER: Joe che riesce ad origliare perfettamente conversazioni da infiniti metri di distanza, Beck che si spoglia e si lascia completamente andare all’interno della sua camera da letto, che è situata a piano terra e si affaccia direttamente su una trafficatissima strada di New York, senza nemmeno preoccuparsi di chiudere le tende). Insomma, se state ricercando la buona qualità o siete fissati con i dettagli non è la serie che fa per voi!

Altra curiosità: il personaggio di Peach Salinger, migliore amica di Guinevere dalla personalità molto intrigante, è interpretato da Shay Mitchell (Emily in Pretty Little Liars) e vi riserverà molte sorprese nel corso della serie.

Il finale lascia diverse cose in ballo, mille curiosità e domande aperte…inutile dire che il desiderio di poter vedere immediatamente una seconda stagione è fortissimo, per fortuna abbiamo già la conferma che si farà! Speriamo solo che le lacune vengano colmate nel modo migliore e che la serie non perda il ritmo incalzante che l’ha contraddistinta. Dita incrociate e buona visione!

Voto: 7

ChiaraM

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