Tredici – 13 Reasons Why… perché guardarla?

Intensa, reale e vera. Ecco tre semplici parole per riassumere 13 Reason why.

Entrando più nel dettaglio la vicenda è ambientata al Liberty High un liceo qualunque con il gruppo degli sportivi, degli sfigati, di quelli strani, di quelli nuovi, di quelli popolari. Insomma la classica fauna scolastica, presente, sebbene con qualche differenza, anche nella nostra quotidianità e non solo in quella oltreoceano.

Nonostante ciò non pensiate di approcciarvi a una banale teen drama perché l’intento è ben diverso. La serie, e il romanzo di Jay Asher da cui prende ispirazione, nasce principalmente per parlare di un argomento che si fatica ad affrontare: il suicidio. Quando alla fine dell’ultima puntata sono partiti in automatico 5 minuti di Extra, in cui attori e produttori parlavano della serie, ho avuto davvero l’impressione che il tutto facesse parte di un progetto più grande, che va oltre il semplice “raccontare una storia”. Ricorrente è l’invito a cliccare su un link in cui viene concesso aiuto e supporto a persone che potrebbero averne bisogno, perché viene ripetuto spesso anche nella serie “Non ti accorgi di come sei arrivato fino a lì”.
Dialogo, confronto, dibattito: questa serie nasce per essere discussa. Uno dei protagonisti a dirà una frase che suona più o meno così: “Parlare…perché tutti vogliono parlare? Serve davvero a risolvere qualcosa?”
Beh sicuramente bisognerà partire da qualche parte.

Comunque tornando alla storia la protagonista è Hannah Baker (Katherine Langford), colei che ci racconta la sua stessa storia attraverso una raccolta di cassette che ha registrato prima di uccidersi. In questa raccolta Hannah spiega i motivi, e forse più precisamente le persone, che l’hanno spinta a prendere questa decisione. Ogni puntata equivale al lato di una cassetta.
Noi spettatori iniziamo ad avventurarci nella storia di Hannah, ascoltando le cassette insieme ad un altro personaggio: Clay (Dylan Minnette) che riceve il pacco in forma anonima. Le storie delle cassette si alternano ad alcuni flashback che aiutano a capire da quale reale rapporto fossero legati i due. Cassetta dopo cassetta vediamo la vita Hannah comporsi e scomporsi allo stesso tempo: ragazzi sbagliati, voci di corridoio, amicizie poco sincere, insulti, abusi, segreti…Clay dovrà fare i conti con cosa, ma anche con chi, troverà dentro le cassette. Tutto emerge piano piano,con un ritmo che si fa sempre più incalzante nelle puntate finali.

Facendo una recensione a livello tecnico dirò tre cose (in ordine di importanza):
Cast giovane, e perlopiù sconosciuto, ma con persone che sanno davvero recitare;
–  Colonna sonora perfetta: scelte musicali adatte ad ogni singolo momento, ma soprattutto belle. Ammetto di aver stoppato la serie per usare Shazam varie volte 😉
Sceneggiatura ottima: le scene, le riprese, i punti di vista, i giochi di luce…tutto contribuisce a dare una maggiore comprensione alla storia.

At last but non least
ecco un piccolo spunto di riflessione personale emerso a seguito della visione della serie, che ripeto, è tutt’altro che scontata.
Il peso delle parole e delle azioni: una stupida voce di corridoio gira per la scuola e può sembrare una cosa da ignorare, ma può rovinare la vita di una persona. Non pensiamo mai al potere che ha la parola: può servire a guarire, ma può anche essere usata per distruggere. Allo stesso modo funzionano le azioni: siamo persone attive in questa vita, quello che facciamo ha delle conseguenze. Il butterfly effect non viene citato a sproposito all’interno di un episodio, serve a far recepire meglio il messaggio che tutto ha una conseguenza e non possiamo scordarcene. Consiglio vivamente questa serie a chiunque: in primo luogo perché oggettivamente bella, in secondo luogo perché può essere utile a farci vedere le cose da un punto di vista diverso.

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