Planet Of The Apes – La Trilogia di Cesare

La Trilogia

Il rispolvero di un franchise è diventata una risorsa preziosa a cause della scarsità d’idee nel cinema blockbuster contemporaneo; il caso di questa nuova trilogia è l’esempio lampante. Tratto dal libro di Pierre Boulle del 1963 iniziò la saga con i primi cinque film, essi uscirono nelle sale 1968 al 1973 ed ebbero quattro diversi registi; successivamente Tim Burton realizzo un remake nel 2001, il quale non ebbe un forte successo. Oltre ai prodotti cinematografici, il franchise preso in analisi sarà anche oggetto di trasposizioni televisive e fumettistiche. Nel 2011 arriva la trilogia reboot del pianeta delle scimmie, la quale non vuole assolutamente trasporre fedelmente il libro ma raccontare una storia originale, prendendo spunto anche attraverso molte citazioni. Il primo capitolo è diretto da Rupert Wyatt.

L’Alba Del Pianeta Delle Scimmie

La pellicola racconta di Will Rodman, un ricercatore (interpretato da James Franco) che attraverso la medicina sperimentale cerca una cura per l’Alzheimer, trovandosi a causa di una catena di eventi inaspettati ad accudire Cesare, uno scimpanzé più intelligente della media, il quale darà inizio a una rivoluzione della propria specie. Dal soggetto si può evincere la scelta degli sceneggiatori di raccontare una storia originale, la quale descriverà la crescita di Cesare accompagnandoci dalla sua nascita alla maturità intellettuale.

La regia di Rupert Wyatt sceglie benissimo i piani dello scimpanzé protagonista regalandoci, grazie anche alla magistrale interpretazione di Andy Serkis, un’intimità molto interessante tramite lo sguardo di Cesare e l’occhio del cineasta, permettendoci di capire l’animo complesso del personaggio che attraversa un’evoluzione non da poco. Il rapporto con l’essere umano è di pura curiosità, privo di nessun interesse nocivo mentre il suo essere scimpanzé comporta un animo nobile, mancante di violenza essendo rappresentato da una forte sopravvivenza e da un’intelligenza, utilizzata al solo scopo di vivere ed essere liberi dalle mire capitalistiche dell’essere umano.

La fotografia di Andrew Lesnie descrive benissimo il percorso formativo del protagonista, in cui risulta ancora esserci speranza, seppur flebile; la messa in scena perciò non vuole enfatizzare la fotografia su tonalità cupe perché nel primo capitolo la superbia dell’essere umano può essere capace di redimersi. Il tema principale della pellicola è la superbia dell’uomo, il quale è rappresentato come un essere incapace di poter rispettare un’altra specie, credendo che il proprio giudizio sia talmente infallibile da non poter commettere alcuno sbaglio. Il primo capitolo è una buona pellicola, un blockbuster pienamente riuscito ma non perfetto, in grado di introdurre il personaggio di Cesare in modo splendido dove la messa in scena pur non essendo ottima, descrive benissimo i sentimenti del protagonista, il quale nel finale vede davanti a lui un orizzonte ricco di possibilità.

Apes Revolution – Il pianeta delle scimmie

Il secondo capitolo diretto da Matt Reeves è una pellicola ben più complessa e interessante.
Il soggetto del prodotto audiovisivo è semplice: circa dieci anni dopo gli scenari presenti nella pellicola sono due; nel primo ci sono le scimmie comandate da Cesare, il quale è riuscito a creare un ambiente familiare capace di portare serenità e tranquillità alla sua specie; nel secondo caso veniamo a conoscenza del disastro causato dal virus ALZ-113, il quale ha decimato l’intera popolazione umana, la quale cerca di sopravvivere in gravissime condizioni ambientali. Mentre il primo capitolo si concentrava sul tema della superbia dell’uomo e sulla crescita di Cesare, il secondo capitolo scava nell’animo umano portando alla luce l’inarrestabile violenza dell’odio.

Gli effetti visivi resi dalla pellicola raggiungono livelli d’avanguardia, creando con la performance capture, una gamma di espressioni facciali scimmiesche in grado non solo di farci simpatizzare ma di comunicare tantissime emozioni come nel caso nell’ultima inquadratura (ci arriveremo più avanti).

Il proseguire degli eventi conducono lo spettatore nell’assistere a una lotta non di classe ma di specie, dove le scimmie diventano sempre più umane; il loro spirito nobile in ogni inquadratura si affievolisce raggiungendo in Cesare la massima consapevolezza dello spirito umano, il quale ha corrotto la specie trasformando la pace in un’utopia ormai tardi da salvare. La regia di Matt Reeves è sempre pronta mostrare la gamma di espressioni dei personaggi, mai lasciata in secondo piano ma osservata dalla macchina da presa che pur non utilizzando virtuosismi eccezionali, si ricorda della composizione dell’immagine in cui anche la fotografia svolge un ottimo ruolo, illuminando e determinando la tonalità di ogni sequenza.

Anche il montaggio definisce con una metrica molto interessante, distribuendo gli stati di tensioni con quelli di riposo creando un equilibrio riuscitissimo tra azione e pacatezza. Con l’acquisto dell’arma da parte della scimmia si ritorna al concetto kubrickiano di 2001, in cui l’evoluzione del primate priva l’essere della sua innocenza. Il finale in cui Cesare guarda il mondo, e diventa consapevole della rassegnazione dell’umanità ormai insita dentro egli stesso è da applausi.

The War – Il pianeta delle scimmie

L’incipit narrativo mostra fin da subito la guerra in atto, la quale vede schierati la fazione di Cesare che sembra essere in difficoltà e la fazione degli umani capitanata da un colonnello spietato; nell’assistere alla lotta tra le due specie veniamo a conoscenza di un particolare cambiamento del virus ALZ-113 che porterà a eventi inaspettati. Il terzo capitolo della trilogia,diretto da Matt Reeves, si concentra sulla figura di Cesare sviscerandolo totalmente grazie a una sceneggiatura capace di evidenziare il dolore in ogni sua parola; in questa pellicola il leader delle scimmie è perseguitato dal passato, dal dolore e dalla paura di poter perdere tutto ciò per cui ha lottato.

Le analogie che ha inserito Matt Reeves in sceneggiatura, con Mark Bomback, sono molte interessanti; Cesare in questa pellicola è rivestito da un’aura biblica, egli deve guidare il suo popolo verso una casa sicura, verso la “terra promessa” contrapponendosi al colonnello, interpretato da Woody Harrelson, il quale ferma il suo viaggio ricordandoci di Apocalypse Now e del colonnello Kurtz; l’antagonista è rappresentato come una persona disperata, invasa dalla paura data dalla possibile estinzione della propria specie, risultando una figura interessante per alcune similarità con Cesare.

La sceneggiatura riveste anche un ruolo decisivo per quanto riguarda la connessione tra le due saghe, la quale dissemina attraverso piccoli dettagli di scrittura diversi collegamenti con la pellicola diretta Franklin J. Schaffner. Mentre nel terzo capitolo non si lasciava mai spazio a nessun tipo di humour, in questo lungometraggio introducono un comic-relief non riuscito del tutto per via del suo spazio all’interno di un’atmosfera molto cupa, in cui la fotografia tende a sottolineare le varie sequenze in modo lodevole. Il terzo capitolo è un ottimo blockbuster, meno incisivo del secondo che si concentrava su riflessioni molto interessanti, le quali sono presenti anche in questo prodotto audiovisivo non rivestendo tuttavia un elemento fondamentale.

Conclusioni

Il terzo capitolo della trilogia continua a conseguire un ottimo successo al botteghino, guadagnando anche il favore della critica la quale definisce quest’ultimo lungometraggio come un’opera ben riuscita; tuttavia non c’è la certezza di un quarto capitolo, sperando in una conclusione con ” The War – Il pianeta delle scimmie”. La trilogia analizzata in quest’articolo pur essendo sostanzialmente un buon pretesto per ovviare alle crisi d’idee ha una motivazione non da poco; infatti gli eventi narrati in questi lungometraggi sono collegati alla saga iniziata nel 1968 diventando perciò dei prequel.

Oltre alla linea narrativa capace di ricollegarsi tramite la storia di Cesare, la trilogia possiede effetti visivi d’avanguardia, ottime interpretazioni, riflessioni sulla violenza e di come essa sia quasi inevitabile per l’uomo. I prodotti audiovisivi descritti in quest’articolo sono la dimostrazione di poter realizzare blockbuster non solo capaci di intrattenere benissimo ma soprattutto di far riflettere sull’animo umano e le sue contraddizioni, argomento gestito con grande rispetto e ottime capacità di scrittura, coadiuvate da una messa in scena che non svolge il solito compitino.

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