Outcast 2 – Commento al finale di stagione

In collaborazione con blogames.it

Non era certo facile replicare l’incredibile successo della prima stagione, eppure il secondo atto di Outcast, l’originale battaglia tra il maligno e l’uomo, tra le forze oscure e quelle brillanti del bene, non ha disatteso le aspettative. Kyle Barnes deve affrontare un plotone di demoni sempre più folto, anche se non esattamente compatto, tornato sulla terra a reclamare la superiorità della propria melmosa e corvina specie. Questa volta però, a moltiplicarsi sono anche gli schieramenti dei buoni che, oltre al solito ausilio del reverendo Anderson, possono contare anche sulla nuova consapevolezza dello sceriffo Byron Giles e di sua moglie, oltre che nella presenza di vecchi conoscitori del male, di una setta di “puri” e soprattutto di Megan, Allison e della piccola, ma importantissima, Amber. La famiglia Barnes, pur separandosi spesso, rimane unita!

Salvezza o “fusione”?

No, tranquilli, con il termine fusione non stiamo certo parlando di Dragon Ball; bensì del rituale di cui le forze del male hanno assoluto bisogno per la propria sopravvivenza. Tutti i reietti, vale a dire chi, come Kyle e Amber, sono in grado di uccidere o mettere in fuga la presenza scura che si insinua nei corpi ospiti degli abitanti di Rome, devono riunirsi affinché la “fusione” abbia esito positivo e possa finalmente realizzarsi, liberando il male dalla necessità di occupare corpi umani e quindi di sopravvivere ed impadronirsi della Terra in un’apocalisse ormai annunciata ed imminente.

Tuttavia, l’unione delle “luci” potrebbe causare l’esatto contrario: il sangue dei reietti è l’unico in grado di sconfiggere la diabolica minaccia. L’atto ultimo della seconda stagione ci lascia e ci rimanda alla terza attraverso immagini cruenti e dal forte impatto, che vedono tra i protagonisti il ritorno del padre di Kyle. È lui infatti il visionario che guida la nuova setta di puri nascosta nei boschi intorno a Rome, composta da persone toccate dal maligno ma che, in qualche modo, sono riusciti a divincolarsi dalle catene oscure. Il resto della popolazione purtroppo, compreso il chirurgo Park, è schiavo dell’aguzzino melmoso e pronto ad assalire chiunque gli si pari davanti. Come enuncia egli stesso, quella trasmessa ai suoi adepti da parte del padre di Kyle non è una fede, bensì una tattica, una strategia da sfruttare al momento giusto per disintegrare il male.

Tra la compagine dei buoni ci sono purtroppo molti conflitti di interesse e molte discordanze in termini di mezzi utilizzati e di scopi. Dakota, ad esempio, non va d’accordissimo con il reverendo Anderson, anche se poi i due firmeranno un armistizio proprio nelle fasi finali. La stessa Megan, all’inizio molto combattuta e in colpa per la morte del marito, affronterà i suoi demoni e sarà costretta ad ammettere la verità. Allison ed Amber infine si stringeranno al loro amato Kyle spalleggiandolo nella sua battaglia.

Stessi dissidi e dissapori aleggiano anche tra le forze del male. Il dottor Park è un arrivista, capace di uccidere i suoi simili e perfino di contrapporsi al carismatico Sydney pur di ottenere ciò che vuole. Alla fine, proprio i suoi intenti faranno terra bruciata tutto intorno e lo incoroneranno come unico superstite di questa perfida lotta interna. Anche lui però, sembra rispondere agli ordini di qualcuno di più potente. Quel qualcuno non ha ancora un nome, ma di sicuro la sua immagine ci rimane ben scolpita nella mente, perché infilata nelle lascive e seducenti vesti di una bellissima donna dagli occhi chiari.

La seconda stagione di Outcast non ha né vincitori, né vinti; per conoscere l’esito della battaglia dovremo pazientare almeno fino alla terza e futuribile stagione.

Kirkman e i fumetti vanno d’amore e d’accordo

Robert Kirkman, ideatore della serie, prese spunto dall’omonimo fumetto horror di Image Comics, superando forse anche le capacità attrattive di quest’ultimo. Il 2016 è stato un anno in cui gli esorcismi sono tornati di moda, soprattutto grazie al piccolo schermo. Outcast, insieme alla serie tv di The Exorcist, sono riusciti, in maniera diversa ma comunque originale, a rispolverare un mito dell’esoterismo e che, spesso e volentieri in passato, aveva ottenuto gloria sul grande schermo.

Se The Exorcist cercava di percorrere i binari classici del genere, Outcast riusciva invece ad andare oltre, a ritagliarsi una poltrona tutta per sé; riusciva ad apportare qualcosa di assolutamente nuovo ad una categoria di film comunque abbastanza monotona come quelli sugli esorcismi. La seconda stagione, anche per via del dipanarsi delle vicende, della cristallizzazione delle verità e del diradarsi della nebbia che avvolgeva l’arcano dei fatti, perde un po’ di quel fascino esoterico che aveva comunque caratterizzato il primo capitolo.

Outcast 2 custodisce ancora segreti non spifferati, di molti altri invece cominciamo a conoscerne la natura e la dimensione. Ecco dunque che lo scontro tra bene e male abbandona le stanze occulte degli esorcismi per allargarsi in spazi più aperti, coinvolgere un gran numero di persone e divenire così un vero e proprio campo di battaglia, a cui tutti prendono parte. Gli abitanti di Rome sono ormai pienamente coscienti della minaccia. Il male è divenuto virale, contagiando gran parte della popolazione. I restanti invece, devono necessariamente imbracciare il loro coraggio e gettarsi nella mischia. Tutto è ancora da decidere, i giochi sono tutt’altro che chiusi.

Ciononostante, la serie ha conservato quella bellissima scenografia che vuole Rome come una cittadina eternamente cupa, imbrigliata da nuvole minacciose e temporali spettacolari. Quasi tutta la vicenda si svolge durante la luce del giorno, eppure la serie riesce a rimanere davvero oscura e maledetta. Un plauso dunque dobbiamo farlo alla fotografia e in generale a tutti coloro che si sono occupati della scenografia, fedele accompagnatrice di una sceneggiatura davvero brillante, che non si fa problemi ad imbottire i dialoghi di parole colorite. L’esempio più eclatante lo vediamo ancora una volta nel reverendo Anderson: non sappiamo davvero dire se la sua è stata un’evoluzione o un’involuzione rispetto al semplice ruolo del prete che vestiva nei primi episodi della stagione di esordio. La sua è forse una perdita di fede? O magari, è proprio per via della fede che si sporca le mani e combatte il male con le sue stesse armi? A nostro dire, tuttavia, il reverendo rimane il personaggio più bello di tutto lo show. Che il reietto non ce ne voglia per questo!

Ultimo importante omaggio, dobbiamo farlo al comparto musiche che, fin dalla sigla, ci immerge immediatamente in un clima dark e dannato, spaventoso ed ipnotico. Le note sanno tintinnare bene ed in maniera appropriata con le immagini che devono coadiuvare, dando quel tocco di classe ad un’opera davvero ben pennellata.

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