Agents of Shield 4 – Commento al finale di stagione

In collaborazione con blogames.it

Si è conclusa ieri sera sui canali Fox Italia la quarta stagione di Agents of Shield. Esattamente come accaduto per la seconda stagione di Quantico, il quarto atto per gli agenti dello Shield è stato scisso in diverse linee narrative, differenti sezioni accomunate da un singolo elemento: il libro chiamato Darkhold, un leggendario manoscritto che custodisce segreti indicibili e, soprattutto, devastanti. Chiunque possa decifrare le parole impresse su quella carta, ottiene l’accesso ad un potere straordinario e maledetto allo stesso tempo. La quarta stagione di Agents of Shield è stata frazionata e scomposta addirittura in tre parti: Ghost RiderLMD e Agents of Hydra. Oltre al Darkhold, il minimo comun denominatore è da ricercare nel fattore ritmo e adrenalina, nonché nella spettacolarità delle sequenze.

Tanti eroi, un solo Demonio

Come accennato pocanzi, gli agenti dello Shield sono saliti sul palco molte volte in questi 22 episodi, interpretando trame diverse ma comunque coniugate l’una all’altra. Fin dall’apparizione repentina e attesa del celebre personaggio Marvel del Ghost Rider nel pilot, ci siamo accorti che la nuova stagione della fortunata serie che vedeva protagonista Coulson e la sua squadra aveva qualcosa di innovativo, una rinnovata linfa fertile, accesa e dai tratti spumeggianti. A risaltare immediatamente sono stati gli effetti speciali impressi proprio nel demonio dalle catene infuocate e dal volto scheletrico, giochi di prestigio non comuni per una serie tv, decisamente di più alto livello rispetto agli standard a cui siamo abituati sul piccolo schermo.

Ben presto però abbiamo cominciato ad affezionarci alla vicenda, specie a quella del vendicativo ragazzo latino-americano Robbie Reyes, un buon Gabriel Luna. In punto di morte, il giovane strinse un vero e proprio patto con il diavolo, incorporandolo in se, prestandosi ad essere l’ospite di un’essenza implacabile e sempre affamata di sangue. Il desiderio di vendetta di Robbie ben si sposava con gli intenti malefici della creatura infernale, ma la bontà del ragazzo fa si che, in qualche modo, i servigi brutali ed implacabili di cui è capace siano messi sul piatto a favore delle forze del bene, in collaborazione con Daisy e lo Shield più in generale. Ma sebbene, per definizione, il Diavolo riecheggi nelle catene e nelle sembianze ardenti di Reyes, il vero Demonio è un semplice libro. Il Darkhold è ambito da tutti, desiderato dai vivi quanto dai morti; e nemmeno la scienza sa resistere al fascino ipnotico e corruttivo del potere che quelle pagine celano.

I fatti, se state leggendo questo articolo, ormai li conoscete. Purtroppo il Dottor Redcliff, accompagnato un po’ ingenuamente da Fitz, nel frattempo, ha dato vita ad Aida, un robot che, una volta decifrato ed assorbito i contenuti dell’ormai celebre libro, diventa in qualche modo senziente e arrivista. Dapprima sembra voler semplicemente asservire i desideri e i sogni un po’ pioneristici ed un po’ istrionici di Redcliff che, nella follia dei suoi progetti pomposi e criptici, nasconde solo il desiderio irrefrenabile di riabbracciare l’unico amore della sua vita. Le sue creazioni però, Aida in primis, gli si ritorcono contro: il paradiso su cui tanto aveva lavorato diviene di colpo un inferno, nonché la sua tomba. Il framework diventa esattamente il regime dittatoriale di Aida che plasma l’Hydra eleggendosi a reginetta del ballo, affiancata da un irriconoscibile Fitz, ora spietato e freddo come una lastra di ghiaccio. Anche in questo caso, l’odio verso il diverso viene espresso contro gli inumani, iniettato nelle menti inermi ed incoscienti di quasi tutti i componenti dello Shield, confinati in questo mondo parallelo, alternativo ed irreale.

Gli sforzi di Daisy, Coulson e di un sorprendente e rianimato Ward riescono a trarre in salvo tutti dalle catene virtuali da cui erano avvolti, tranne Mack, ancora intrappolato nel framework dall’amore che prova verso sua figlia. YoYo, però, riesce a trascinare l’omone tutto muscoli in salvo nella realtà, nonostante in questa Aida, ora divenuta umana ed inumana allo stesso tempo (un bel passo per un robot), stia tentando di instaurare un clima totalitario anche qui. Provvidenziale è il ritorno del Ghost Rider, l’unico a possedere i poteri per placare l’ira dell’ex androide e per custodire e mettere al sicuro il Darkhold. Tutto sembra finire per il meglio, non fosse per il classico finale nascosto della Marvel che ci mostra Coulson in una sorta di navicella spaziale che dice a se stesso “è ora di rimettersi a lavoro Phil“. Cos’è veramente accaduto dopo l’arresto (o il presunto tale) dello Shield? La quinta stagione ci chiarirà le idee.

Un prodotto di livello superiore

La quarta stagione di Agents of Shield ci è sembrata un gradino sopra alle precedenti tre. Se la prima stagione era stata un’assoluta novità il cui successo correva sulla scia delle pellicole del Marvel Cinematic Universe, la seconda e la terza stavano prendendo una brutta piega. La noia e la ripetitività si stavano impadronendo dei personaggi sfornati dai fratelli Whedon (ideatori della serie), che avevano immaginato il loro show come un prodotto incentrato su eroi umani. Ben presto la cooperativa guidata da Phil Coulson si è dunque scontrata con poteri alieni ed inumani, ma ciò sembrò non bastare per ottenere ascolti di alto livello.

Nella quarta stagiona quindi, pur insistendo ancora sul fattore “inumani”, la serie ha voluto virare verso personaggi Marvel di grande spessore e appeal. Ghost Rider è stato un po’ il defibrillatore di questa nuova stagione, liberando immediatamente gli impulsi necessari per la buona sorte di un’inaspettata rianimazione. Gli autori però, sono stati altrettanto scaltri a non lasciare che l’uomo fatto di fiamme e vendetta fosse costretto in solitaria a reggere lo show. Di fianco a lui il personaggio riciclato di Redcliff è stato un toccasana un po’ per tutti. Proprio dall’ingenuità di questo genio in camice bianco nascono la perfidia di Aida e, in qualche modo, il russo tutto d’un pezzo che abbiamo potuto vedere clonato in decine di robot uguali e diversi fra loro.

L’esercito delle forze malefiche e dell’antieroe Ghost Rider sono stati affiancati dall’ottimo cast che per quattro stagione ci aveva già fatto compagnia. Coulson e la sua squadra rimangono comunque le punte di diamante delle show. Un plauso dobbiamo necessariamente farlo agli sceneggiatori e alle penne che hanno lavorato in questi anni alla caratterizzazione di tutti i personaggi, in particolare proprio del capo squadra Phil Coulson. Tutti noi lo ricordavamo semplicemente come il braccio destro, spesso chiuso nel mutismo, di Fury; ma Clark Gregg e i lineamenti somatici e originali del suo personaggio sono ormai riconoscibili anche ad occhi chiusi. Ci siamo dunque affezionati allo Shield che, pur rimanendo solo una costola degli Avengers, riesce ad appassionarci e coinvolgerci nelle sue funamboliche vicende. Ed è proprio di funamboli che si parla quando pensiamo a YoYo, Mack, May, Daisy e perché no, anche a Fitz e Jemma, ora più che mai nel vivo dell’azione. Pur non toccando cime astrali, le sequenze di combattimento sono sempre spettacolari e ben cucite, sia nel timing che nella scenografia.

Agents of Shield dunque è un po’ come il vino, sembra migliorare e rinnovare il suo sapore nel tempo; un buon presupposto per una quinta stagione, a questo punto, attesissima.

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