Ciò che rimane assolutamente nebuloso, però, è il motivo che ha spinto Tulip a sposare questo boss della malavita e soprattutto come e perché lei si sia decisa a scappare via dal marito e da quella vita.
La storia di Tulip e Viktor, però, è solo uno dei filoni narrativi che caratterizzano la puntata e il secondo vede Jesse e Cassidy ancora impegnati nelle loro ricerche, che vengono incentivate da un’imprevedibile scoperta. I due vengono a conoscenza, infatti, che il falso dio apparso nella chiesa di Jesse nella precedente stagione non è altri che un attore, tale Mark Harelik, residente a New Orleans. La scoperta porta i due a guardare un provino, in cui Mark ottiene la parte di Dio e viene ucciso per interpretare il ruolo direttamente dal paradiso.
Tutto sufficientemente assurdo? Assolutamente no, d’altronde stiamo vedendo Preacher e non uno show convenzionale. Alla serie di Goldberg, Rogen e Catlin, piace osare e farlo in modo irriverente e a volte anche spudorato e disinvolto, come accade durante l’episodio, quando viene introdotto il personaggio di “Hitler”, che si rivela essere uno dei compagni di inferno di Eugene. Forse la digressione sul peggior ricordo di Hitler è il peggior momento della puntata, con una narrazione troppo semplicistica degli eventi, volta a ridicolizzare l’immagine del dittatore. Chiaro l’intento degli sceneggiatori, ma forse non basta una risata per archiviare la violenza della seconda guerra mondiale. L’inferno della serie, tuttavia, è assolutamente una trovata geniale. Una sorta di carcere sovraffollato, con una sovrintendente rigida e temibile, che risulta essere un personaggio caricaturale assolutamente spassoso. Ma a proposito di aspetti divertenti, non possiamo non menzionare la scena della lotta all’ultimo sangue fra Jesse e uno degli scagnozzi di Viktor con in sottofondo “Uptown Girl” di Billy Elliot.
Insomma, tanti colori e tante atmosfere per una puntata che è stata persino delirante, ma lo è stata in modo ormai confortevole per i fan della serie, che si dimostra sempre più definita, sempre più chiara nei suoi contorni. Sono lontani i tempi in cui vi erano punti morti e la storia rischiava di ristagnare in una folle monotonia incomprensibile agli spettatori. E questo ultimo episodio trasmesso conferma Preacher come uno show unico che si può amare con convinzione o detestare per la sua comicità a volte demenziale, frutto di una regia spesso troppo esuberante.