Recensione Game Of Thrones 7×02 – “Stormborn”

Se il primo episodio, pur apprezzattissimo dal pubblico, era apparso ai più bacchettoni una mera carrellata di avvenimenti, con un’analisi psicologica dei personaggi del tutto assente, in questo secondo episodio possiamo certamente dire di aver visto dei passi in avanti.

In primo luogo va apprezzato come – eccettuati i momenti dedicati ad Arya – non ci siano state scene assolutamente inutili e dialoghi scontati e oltremodo banali, come quelli che avevamo ascoltato in “Dragonstone”. L’episodio, scritto da Bryan Cogman, ha, infatti, avuto il pregio di mettere i puntini sulle i in relazione ad alcune storie e ad alcuni protagonisti, permettendoci di entrare meglio nella narrazione di questa settima stagione e in quelli che saranno i suoi possibili sviluppi. Ha, infatti, sottolineato i caratteri più duri di una Daenerys, mai apparsa così scaltra e lungimirante. Può far storcere il naso il suo improvviso dubitare della lealtà di Lord Varys, dopo che negli ultimi tempi si era affidata con piena fiducia ai suoi servigi. Eppure risulta pienamente dentro al personaggio della madre dei draghi quel desiderio di ribadire che lei e solo lei possiede il potere e che non accetterà tradimenti. Il dialogo iniziale risulta interessante anche per altre ragioni, dal momento che grazie a Varys abbiamo un primo paragone esplicito di Daenerys a due dei predecessori: al padre, denominato anche il Re Folle, e a re Robert, la cui unica pecca era la scarsa propensione e la mancanza di interesse nel regnare.

“I’ll burn you alive” dice Daenerys, facendo comprendere chiaramente come un’ulteriore cospirazione sarebbe davvero l’ultima della “carriera” di Varys.

 

Rimane in sottofondo una certa sensazione di una evoluzione troppo repentina di Daenerys, la quale nel corso di un paio di stagioni è risultata del tutto trasformata, e sembra dare non pochi segnali di un possibile ulteriore cambiamento. Di un suo possibile divenire, in cui i tratti più spietati della sua personalità possano davvero prendere il sopravvento.

“Stormborn” ci regala anche due momenti che aspettavano in molti, quali l’apparizione di Melisandre e l’incontro romantico fra Verme Grigio e Missandei. Si tratta di due segmenti pressoché inutili per la trama e lo sviluppo di questa stagione, ma che servono a regalare qualcosa ai fedelissimi fan, i quali, tra l’altro, non hanno mai disdegnato scene sessuali (e sensuali) anche poco rilevanti ai fini della storia.

Inizia altresì ad appalesarsi uno dei temi che più interessano i fan della saga, dal momento che sembra ormai imminente l’incontro tra Daenerys e Jon Snow. Siamo tutti in trepidante attesa di scoprire se verrà fuori la reale origine di Jon (che nella serie è stato rivelato essere figlio di Rhaegar Targaryen) e, se da ciò, deriveranno conseguenze determinanti per l’esito della storia che culminerà con l’ottava e ultima stagione.

Difettano, invece, nella serie i ragionamenti politici. Sembra che tutte le trame di potere siano rette da un unico filo rosso rappresentato dalla vendetta e da poco altro. Ogni conversazione relativa a strategie e obiettivi finisce in una continua affermazione dell’esigenza di spargere sangue per poter ottenere potere. Mancano di malizia certi dialoghi, mancano di profondità questi governanti che non esplicano mai appieno la loro profondità intellettuale e la loro furbizia. Forse due eccezioni all’assunto possono pur essere enumerate, facendo riferimento precisamente a Tyrion e a Petyr Baelish, due lati della stessa medaglia. Due uomini abili e di grande ingegno, che perseguono obiettivi diversi, ma che lo fanno con la stessa mirabile astuzia, sebbene al pubblico il primo risulti un personaggio assolutamente positivo e l’altro l’anti-eroe per eccellenza.

Degno di nota, nella trattazione dell’episodio, è l’ennesimo snodo della storyline dedicata a Sansa Stark, a cui viene affidato temporaneamente il controllo del Nord. E si tratta certamente di un momento culminante, che potrà far vedere davvero fin dove è disposta a spingersi Sansa nel ricercare il potere e se sarà, persino, disposta a cedere alle lusinghe di Ditocorto pur di avere ciò in cui spera. Tutti i riflettori sono sui piani di Sansa, la quale risulta davvero il personaggio più enigmatico e con maggiori potenzialità in mezzo a un manipolo di soggetti e sagome che hanno già rivelato i propri intenti.

Il finale con una battaglia piratesca, che ricorda molto una versione più cruda di “Pirati dei Caraibi”, regala quella dose di azione e di morti che i fan sono sempre abituati a ricevere da Game of Thrones. Continua, tuttavia, a non brillare particolarmente, a dispetto degli assassinii di alcuni personaggi ricorrenti, Euron Greyjoy, le cui fattezze e la cui recitazione non lo hanno ancora portato ad assurgere al ruolo di villain feroce e temibile, in grado di farci dimenticare di Ramsay e Joffrey.

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