Recensione della quinta stagione di Orange is the New Black: critiche ed elogi per una serie controversa

La serie di Jenji Kohan, stavolta, ha davvero diviso i fan. La quinta stagione, infatti, è stata molto diversa dalle precedenti e ha sconvolto e stravolto tutti i punti di riferimento a cui i fan di lunga data erano abituati, trasportandoli molto lontano dalla loro comfort zone immaginaria. Stravolgere i punti di riferimento in un prodotto come una serie televisiva, in cui inevitabilmente lo spettatore si aspetta e prevede determinate situazioni, e quasi arriva a “chiedere” qualcosa allo show di cui è appassionato, è sicuramente un evento che non può lasciare indifferenti. E nella quinta stagione di OITNB ogni pilastro, ogni appiglio, a cui poteva aggrapparsi il fedele sostenitore della serie Netflix, è venuto meno e questo ha portato, come conseguenza naturale, a reazioni molto forti e ambivalenti degli spettatori, che si sono divisi tra coloro che sono rimasti entusiasti dalla nuova svolta della serie e coloro che si sono lamentati delle novità nelle storie e nel modo in cui sono state raccontate.

Per analizzare la serie non possiamo, quindi, prescindere dal giudizio del pubblico e da quella che è stata la percezione dello show. Un dato rilevante sta nel fatto che gli episodi iniziali sembrano aver davvero convinto pochi spettatori, al contrario del finale che, come sempre, ha regalato sorprese, emozioni e suspense.

La serie è stata criticata di eccessiva lentezza. Un difetto forse inevitabile, alla luce del fatto che l’intera quinta stagione narra le vicende dei soli tre giorni in cui le detenute portano avanti la loro rivolta e comandano su Litchfield, tenendo in ostaggio le guardie.

E forse la serie è stata davvero lenta, ma non è l’unica critica che si può muovere a questa stagione. Alla luce del finale di stagione, infatti, molte nostre curiosità risultano disattese e, soprattutto, abbiamo un senso di insoddisfazione causato dal – troppo spesso – ridotto spazio dedicato a determinati personaggi (tra cui spiccano i casi di Sophia e di Brook e persino della stessa Piper), comunque molto amati dai fan.

Gli Showrunners hanno provato a compensare i difetti della serie e i rischi della lentezza, buttandosi su un “fan-service” alle volte addirittura sfrenato, con una Nicky in versione “Hugh Grant nelle commedie romantiche”, pronta a tutto per aiutare e far stare meglio Lorna, la quale, d’altro canto, rimane fedele (ma non troppo) sposa di Vincent. Ma gli sceneggiatori hanno fatto di più, per strizzare l’occhio ai fan, dando ulteriore spazio ad una delle storie d’amore più controverse ma al tempo stesso amate del mondo della televisione, ovvero quella che lega Piper e Alex.

Alex e Piper per almeno otto episodi della serie hanno avuto un ruolo pressoché inesistente, salvo poi ottenere ampio spazio sul finale, con svolte sorprendenti e risvolti romantici che avremmo faticato a prevedere. Piper, malgrado le incomprensioni e i trascorsi non sempre idilliaci, ha chiesto ad Alex di sposarla, in uno dei momenti che avrà sicuramente fatto impazzire tutti gli spettatori. E adesso pare proprio che il progetto futuro delle due detenute, al di fuori dei dipartimenti penitenziari, sia il punto finale a cui questa storia dovrà giungere.

Ma, come detto, il fan-service è stato solo un elemento di una serie, che ha mantenuto tante altre sfaccettature e che è stata, a tratti, persino difficile da guardare. La serie ci ha mostrato lo stato d’animo delle detenute, la loro nostalgia di casa e la loro disperazione per quello che hanno perso, e ci ha mostrato la rabbia che covano le persone che si sentono oltraggiate da un sistema che le trascura e le discrimina. Orange is the New Black ha lanciato, ancora una volta, messaggi di denuncia, ma ci ha anche fatto capire che la vita non è né bianca né nera e che ci vuole poco perché le vittime possano trasformarsi in carnefici.

Ci sono tante parole da spendere al riguardo, perché tante sono state le tematiche rilevanti in questa stagione, ma non è questo lo spazio per indirizzare le opinioni degli spettatori. È bene, invece, parlare di quello che, in conclusione, è stato il risultato finale di una serie così complessa, controversa, cruda e piena di sorprese. E il risultato è stato – per dirla in modo semplice – strano. Abbiamo avuto percezioni perennemente ambivalenti nel guardare la serie. Abbiamo individuato e apprezzato momenti incredibilmente emozionanti, non ultimo per importanza quello in cui Brook viene trasportata via dal penitenziario, ma abbiamo anche a lungo avuto una sensazione di disagio. Disagio verso il comportamento di alcune detenute e disagio per non aver avuto, magari, le storie e gli sviluppi che ci saremmo attesi.

Ma Orange is the New Black ama sorprenderci e ci ha lasciato nuovamente alla porta, con un cliffhanger che apre a scenari impronosticabili, riuscendo mirabilmente nell’intento di continuare a creare interesse intorno a uno show che non ha filtri, dal quale ci si può aspettare e ci aspettiamo ancora davvero di tutto.

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