Inhumans – Recensione episodio pilota

In collaborazione con blogames.it 

Dopo aver già sbirciato questi umani dai poteri speciali, molto simili a quelli dei celebri mutanti degli X Men, in Agents of S.H.I.E.L.D, e in attesa di Thor: Ragnarok, nuovo capitolo dell’MCU sul grande schermo, Marvel mette in piedi Inhumans, la nuova serie tv che ha esordito ieri sera sui canali ABCScott Buck, l’ideatore dello show, decide di rimanere fedele al fumetto targato Stan Lee e Jack Kirby, dando agli Inumani una patria lunare che per certi versi ci ricorda un po’ l’Asgard di Thor, un regno, quello di Attilan, che è però anche una sorta di covo, di rifugio, se non un confinamento da un’insensibile e razzista società umana. Gli Inumani sono potenti, prima ancora che diversi, e quindi pericolosi; una minaccia al potere e alla supremazia umana. Inhumans non brilla purtroppo in recitazione, ma riesce a coinvolgerci nelle sue vicende, in quei pericolosi colpi di stato interni che hanno caratterizzato i primi due episodi, ma anche da quella costante e sempre intimidatoria caccia al diverso che invece proviene dalla Terra.

È così dura essere diversi…

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La razza degli Inumani, sostanzialmente uomini con capacità uniche e straordinarie, vive il periodo più cupo della propria storia. Costretti a celarsi nell’ombra e nella groviera lunare, formano una società gerarchica, oligarchica e con sfumature medioevali; dove un Re e una Regina governano assennatamente sul popolo di Attilan. Il compito lasciato a Freccia Nera e a sua moglie Medusa è davvero arduo, perché non solo devono far fronte alla continua minaccia umana, ma devono guardarsi dalla brama di potere di Maximus, fratello del Re, semplice umano invidioso dei poteri altrui e desideroso di un ritorno e di una repentina affermazione del popolo inumano sulla Terra. Maximus, spalleggiato dalle guardie reali, partorisce un piano velenoso e subdolo, riuscendo nel colpo di stato e detronizzando il fratello, la sua famiglia e i suoi fedeli, costringendoli alla fuga sulla Terra. Una temporanea ritirata però implica un sicuro ritorno alla carica, quindi Maximus inizia una caccia spietata al sangue del suo sangue e ai suoi adepti, cercando nel frattempo di catechizzare il popolo, specie la parte delusa e più povera, di Attilan. Sullo sfondo, rimane sempre la continua lotta tra uomo e inumano.

In questo contesto si apre Inhumans, che impiega pochissimi battiti e pochissime riprese a decollare, lasciando che il fattaccio si verifichi subito, senza troppe spiegazioni e troppi antefatti. La sceneggiatura sarebbe anche ritmicamente adeguata se non fosse che alcuni dialoghi ci sembrano abbastanza banali e troppo retorici, mentre la recitazione di alcuni protagonisti rasenta la sufficienza, almeno in rapporto a quella che dovrebbe essere la qualità del prodotto, paragonata ai colleghi di Agents oh S.H.I.E.L.D., senza scomodare i principi del grande schermo. Molto buona è invece la caratterizzazione scenografica di Attilan, che non va a ricercare troppo splendore, ma dipinge bene il contesto: la città è ricca e tecnologicamente avanzata, tuttavia non ha quel luccichio dorato di Asgard ma preferisce un’impronta cromatica più grigiastra, in piena sintonia con il paesaggio lunare e con la situazione di misconosciuti e rifugiati che, tutto sommato, è propria degli Inumani. Ai colori scuri della capitale dei diversi, si contrappongono quelli sgargianti e baciati dai raggi solari della Terra, in particolare nei bellissimi paesaggi offerti dalle isole Hawaii. In generale, i costumi si sposano ottimamente anche con la caratterizzazione dei personaggi, molto curata e attenta ai dettagli. I poteri a loro riservati non sono tutti originalissimi, ma vengono messi in mostra, almeno per il momento, con parsimonia; quel tanto che basta a renderli davvero speciali, a valorizzarli.

La scelta del cast infine, vede in Serinda Swan (Medusa), Iwan Rheon (Maximus) e in Ken Leung (Karnak) le punte di diamante, stilisticamente e in materia di talento un passo avanti agli altri. Un po’ deludente, a parer nostro, è stata fino ad ora la prova del protagonista numero uno delle vicende, quell’Anson Mount (Freccia Nera) che, per carisma e ipnotismo, viene mangiato e sommerso dal fratello villain della situazione.

Il razzismo fumettistico

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Come è facile intuire, la serie, esattamente come il fumetto, preme molto sul discorso della ghettizzazione, del razzismo, quello più puro, obsoleto ed ignorante che un uomo possa mai praticare. Gli Inumani, sostanzialmente, non si definiscono tali solo perché dotati di qualità anomale e straordinarie, ma lo sono anche di fatto nel carattere, nel pensare e nell’agire. La razza inumana abbraccia l’olismo, mette il bene della comunità prima dell’individuo, benché la gerarchia che contempla sia rigida e alle volte non meritocratica. Nulla è perfetto, ma basta che funzioni.

L’armonia viene messa in discussione, guarda caso, da un semplice umano, affogato nell’invidia e nella brama di potere; mai rinnegato, eppure cosciente di essere diverso fra i diversi. Questa fastidiosissima realtà gli viene ricordata di continuo, tanto da spingerlo all’ammutinamento, tanto da fargli cestinare e mettere da parte la ragione, per stringere la mano alle mire di gloria psicopatiche, arriviste ed egemoni.

Ma se nel caso di Maximus, tutto può essere ricondotto ad un semplice senso di inferiorità; nel caso della guerra tra uomo ed inumano il sentimento regnante è quello della paura. E’ sempre la più meschina delle emozioni ad alimentare il rigetto verso il diverso di cui è intriso il razzismo. Il timore di perdere il proprio status sociale, la propria posizione di vantaggio spinge alla mancata accettazione di chi differisce da noi, di chi, sulla carta, è perfino migliore di noi.

La duplice faccia del razzismo, quella invidiosa e quella paurosa, viene incorniciata tanto nella serie tv, quanto nei fumetti, con estrema intelligenza e assennatezza; nella speranza di mettere in luce quei valori morali che si vanno disperdendo sempre di più nell’oceano corrotto, marcio e malato dell’epoca moderna; un’era di uomini che divorano uomini solo per accrescere il proprio patrimonio, spesso e volentieri fatto da cose, scarno di ricchezza interiore e pieno di belle facciate.

Qualcuno non diceva che siamo nell’epoca della civilizzazione? E allora perché è ancora tutto bianco o tutto nero? Perché non siamo disposti al compromesso? Perché ci dimentichiamo che non siamo l’unico centro del mondo, ma che ne esistono miliardi, tanti quanti il numero di abitanti sulla Terra? Perché non siamo disposti a collaborare, a meno che non ci porti dei futili e cinici vantaggi personali? Chi sa che Inhumans, non ci fornisca delle risposte utili a questi quesiti!

In generale, per concludere, la serie ideata da Scott Buck non può definirsi certamente il miglior prodotto mai sfornato dalla Marvel, ma nemmeno il tracollo tanto sbandierato che abbiamo potuto leggere dalla critica in giro per il web.

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