Il filone fantascientifico continua a produrre tantissimi esperimenti audiovisivi, alcuni di grande fattura come Lei di Spike Jonze o Humandroid di Neil Blomkamp; entrambe le pellicole sono esempi di buon cinema in cui uomo e macchina sono esempi diversi di creazione, trovandosi agli antipodi come organismi ma avendo una coscienza talmente evoluta e simile, da essere molto più vicini di quanto sembra. Alex Garland utilizza gli spazi in modo molto accurato,posizionando la macchina da presa in modo da riprendere il protagonista sempre chiuso in piccoli spazi, con piani molto ravvicinati. Mentre la narrazione prosegue, la complessità dell’opera prima del regista trova la sua direzione, scegliendo in modo sapiente quando e come costruire la tensione; in cui i personaggi, sono tratteggiati con delle sfaccettature molto interessanti coinvolgendo lo spettatore in una ragnatela sempre più pregna di falsità.
La pellicola di Alex Garland attraverso il personaggio di Ava, indaga anche sulla pelle che siamo costretti ad indossare per apparire ciò che vorremmo essere; il concetto della maschera di Pirandello restituisce ancora di più la sensazione di profondità di Ex Machina, tramite un essere travestito perfettamente da umano, con la sua sensibilità e capacità di riflettere sul proprio futuro. Un’opera prima splendida, con una sceneggiatura molto notevole ed una messa in scena in cui fotografia, regia e montaggio non sono mai lasciati al a caso, ma perfettamente connesse nella storia di un ex macchina. L’essere umano risulta sconfitto non dai personaggi umani ma da Ava; ella vuole diventare artefice del proprio destino ed essere la prima nuova Eva a conoscere il mondo esterno, fuori dalle mura della sua prigione fisica.